Point of view

Salvatore Starace ha optato per il Ponte di Seiano, sulla costiera sorrentina, come tratto distintivo della sua pittura. Trattasi non solo di precisa cifra stilistica. una sorta di marchio di fabbrica dell’immaginazione dell’artista, ma di una più che consapevole esaltazione di un point of view sul mondo che, attraverso sezioni di ringhiera dell’opera architettonica sita in Vico Equense, tradisce una genuina affermazione di un’identità antropologica e territoriale, mai domata da semplicistici slogan inneggianti alla globalizzazione.

I lavori in tecnica mista di Starace, vertenti su accostamenti di immagini di giornale di stringente attualità e basi di impasto cromaticamente solido, danno vita a collages da elevare a rango di veri e propri editoriali, di puntuale e densa sintesi, su fatti ed eventi di un oggi travagliato la cui esegesi è troppo spesso affidata all’inquietante torrenzialità parolaia.

Nell’era dell’ “occupazione armata” delle nostre menti da parte di new e old media, con dirompenti valanghe di informazioni e qualche sporadico fiocco di informazione utile, matura e approfondita, l’artista vicano gioca il ruolo di una sorta di “opinionista dell’anima”; quella di un operatore dell’arte contemporanea attento al fluire della storia, ma ben saldo nel suo humus socio-culturale vivido ed operoso, poco incline al fittizio “provincialismo” di maniera e dotato di quella unicità interpretativa figlia di una sana visione delle cose. Si pensi alla pistola sulla bandiera americana e al titolo: Licenza di uccidere. Dubbio non v’è sulla posizione di Starace sulla guerra mai finita; ed, in calce, la sua firma: una sezione di ringhiera del Ponte di Seiano.

Sguardi dal ponte mai distaccati o impersonali, ma pregni di quello spirito dei luoghi che aleggia in certo cinema dei ricordi e dell’incanto; penso a “Nuovo Cinema Paradiso” di Giuseppe Tornatore in cui il piccolo Totò, alter ego del regista, attraverso la porta magica del grande schermo si affaccia al mondo, lo osserva, ne cattura i momenti salienti da attore consapevole e conserva, allo stesso tempo, tutti i crismi dell’appartenenza alle sue radici.

Nando Romeo
Pozzuoli/Roma